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venerdì 17 maggio 2013

RIFINANZIAMENTO CASSA IN DEROGA E PROROGA PRECARI P.A.: PRIMA CHE ANCHE QUESTI SOLDI FINISCANO (E POI?), FACCIAMO IN FRETTA QUELLO CHE IL NOVELLO QUARTETTO CETRA SINDACALE NON VUOLE (PER COLTIVARE SOLO IL SUO ORTICELLO)

L'esplosione della rivolta sociale è solo rinviata. Il governo Letta/Alfano (non poteva essere altrimenti) dice di aver trovato finalmente i soldi per rifinanziare la Cassa Integrazione “in deroga” e per prorogare fino al 31 dicembre i contratti dei precari della PA. Sulla CIG in deroga, non noi ma i tifosi dell'inciucio (tra cui Angeletti) fanno finta di cadere dalle nuvole lamentandosi che questi soldi provengano per metà “dai lavoratori” dato che sono stornati dagli incentivi ai premi di produttività e dai fondi per la formazione professionale. Forse non tutti sanno che quando sindacati di questo tipo urlano di dolore in nome di presunti “lavoratori” in realtà usano gli stessi come scudi umani perchè quei soldi tipicamente vanno a foraggiare principalmente la burocrazia sindacale.E poiché quel tipo di sindacati vede ormai solo nel denaro la propria ragione di esistenza, osserviamo che, non volendo, il governo ha pescato bene le risorse e i destinatari del rifinanziamento potranno dire, in tema di redistribuzione del reddito, che quanto non si è mai riuscito a fare nella società italiana è riuscito nel più ristretto panorama sindacale. Direbbero i sociologi (nonostante il pianto di Angeletti) che si sono realizzati in quel laboratorio dei primi elementi di giustizia sociale. Quanto alla proroga di 6 mesi dei contratti dei precari della PA, nessuno per ovvi motivi (cercate pure se volete) se l'è sentita di sollevare critiche specifiche. Il cuore direbbe di trovare una soluzione di stabilizzazione definitiva ma il cervello (non crediate, anche quello degli stessi precari) ci dice che né la proroga né la stabilizzazione (e tanto meno la cacciata) , in questo contesto, possono essere soluzioni oneste a una questione che per motivi ideologici nessuna delle forze politiche in campo sembra essere in grado di affrontare di petto.
E' indubbio: siamo in recessione e questo può giustificare la difficoltà di uscire dall'impasse. Ma il confronto con ciò che sta accadendo nel resto del mondo sviluppato e anche all'interno dell'Unione Europea dovrebbe farci riflettere e dovrebbe convincere il novello Quartetto Cetra (Camusso-Bonanni-Angeletti-Centrella) a lasciar perdere il vecchio repertorio e a cercarsi nuovi autori.
USA, Giappone e Regno Unito stanno crescendo. Nell'Eurozona i Paesi a noi paragonabili (per dimensioni) , Francia e Germania, se la stanno cavando meglio di noi. L'Italia ha un dato preoccupante soprattutto relativamente alla disoccupazione. Proprio lì, sul Lavoro, la Germania ha saputo cambiare marcia. Cosa che noi ancora non ci mettiamo in testa di fare. I più grossi sindacati di casa nostra non sembrano essere in grado di aiutare i lavoratori a attraversare il guado. Hanno paura di perdere potere, influenza, soldi. Sta ai lavoratori svegliarsi e scegliersi altri compagni di viaggio, pena la fame e l'emigrazione forzata dall'Italia.Altro passaggio critico è quello delle tutele e del mantenimento dei diritti. In Italia abbiamo una specificità: solo una consistente minoranza di imprenditori crede anche in una propria funzione sociale. Le Associazioni datoriali più seguite purtroppo risentono e nella peggiore delle ipotesi assecondano un atteggiamento egoistico, speculativo e piratesco di una ristretta maggioranza del mondo imprenditoriale e professionale. E questo è un grande problema, perchè la ritrovata competitività in un ambito di civiltà del mondo del lavoro richiede una qualità media dei protagonisti che difetta nel mondo datoriale. Ecco perchè qualsiasi processo di riforma (contrariamente a quanto ritenuto dalla corrente di pensiero Treu-Biagi-Sacconi-Damiano-Fornero) non può non vedere il rafforzamento di un soggetto pubblico che accompagni le novità con una vigilanza potenziata, intelligente, comprensiva o dura a seconda delle variabili esigenze, a tutela del soggetto più debole. Oltre al potenziamento, finchè la Giustizia non sarà in condizione di riorganizzarsi, dell'arbitrato come strumento privilegiato nella risoluzione (a costo zero per i lavoratori) delle controversie di lavoro.Perchè non esistono scorciatoie nel cammino verso più elevati livelli di civiltà nel mondo del lavoro e perchè non è giusto che, a seconda della maggioranza al potere, chi dovrebbe essere imparziale (la vigilanza statale) indossi l'una o l'altra maglietta.E a garanzia dei lavoratori va garantita accessibilità e pari dignità a tutte le organizzazioni sindacali in qualunque posto di lavoro, accantonando una volta per tutte le tentazioni di monopolizzare la rappresentanza e la contrattualistica. Diritti e garanzie, poi, uguali per tutti i singoli lavoratori, qualsiasi sia il loro contratto e la dimensione delle aziende in cui lavorano. In altre parole, l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori va esteso a tutti e l'art. 19 va riformato, prevenendo indebite e interessate operazioni di manipolazione della rappresentanza sindacale da parte dei soliti noti. Venga messo in soffitta pertanto l'accordo scellerato (in odore di porcellum) tra triplice e confindustria del giugno 2011.
Ma dove occorre mettere le mani, una volta per tutte, una volta preparato il campo di gioco? I CCNL vanno mantenuti ma completati da contratti territoriali e aziendali che possano derogarli. Qualcuno ricorderà che oltre (naturalmente) a Sacconi solo noi, a livello nazionale abbiamo colto gli spunti interessanti del famoso articolo 8. Pur trattandosi da parte di Sacconi di una marchetta pro Fiat e pro Marchionne, l'errore di gran parte del mondo sindacale è stato però quallo di lasciare in mani inadeguate (e malintenzionate) la bandiera del nuovo e della flessibilità. Occorre superare tutte le precedenti riforme liberalizzando i contratti di lavoro anche andando oltre a quanto fatto in Germania.Giusto detassare completamente le nuove assunzioni. Giusto premiare la produttività con norme più organiche e generalizzate ma sacrosanto valorizzare i contratti di solidarietà o la partecipazione dei lavoratori all'azionariato d'impresa in coerenza con una seria valutazione delle effettive prospettive di mercato di una azienda. Lasciar fallire le aziende decotte e fuori mercato ma salvaguardare, con l'apporto responsabile dei lavoratori, quelle che possono essere rilanciate, specie in territori difficili (esempio la Sardegna) dove lo Stato potrebbe fare molto instaurando zone franche dal punto di vista fiscale. Due questioni vanno infine affrontate una volta per tutte, in maniera corretta. Il reddito di cittadinanza al posto degli attuali ammortizzatori sociali. Vanno superate le resistenze degli altri sindacati che si frappongono ogni qual volta una scelta diminuisca il loro ruolo. Ma va anche scongiurato (e questo accade da anni con la CIGO e la CIGS) il fenomeno della perdita di stimoli e motivazioni da parte dei lavoratori con la durata eccessiva dei trattamenti. E poi una volta per tutte va debellata la schiavitù nel mondo del lavoro: quella apertamente illegale (il caporalato, rimasto indifferente alla strombazzata stretta repressiva sterilmente e fumosamente dettata dalla CGIL) e quella legalizzata delle cooperative. Va tolta una volta per tutte la vigilanza ai vigilati (le Centrali cooperative che revisionano per conto dello Stato le loro stesse cooperative che pagano loro la quota associativa) e affidata completamente allo Stato, dando più poteri agli ispettori, almeno finchè non sarà fatta pulizia di tutti gli amministratori delinquenti. Va immediatamente sanata la posizione degli extracomunitari che lavorano, vanno chiusi i CIE e va offerta a questi esseri umani, anche per prevenire gravi fatti delinquenziali, una alternativa alla schiavitù e al degrado. La polemica sullo ius soli è sospetta in quanto è chiaro che è condotta non per fare il bene degli esseri umani ma perchè si spera o si teme che l'afflusso di nuovi elettori possa cambiare gli equilibri elettorali.
Quanto alla proroga dei contratti precari della PA, la stessa (è bene che si dica la verità a questa gente) è un semplice rinviare il problema. Vorremmo dire a quei lavoratori, per lo più giovani, di affrancarsi dalla pelosa solidarietà dei sindacati dei lavoratori pubblici che fingono di tutelarli. La possibilità per loro di conservare un posto di lavoro, valorizzare l'esperienza fatta e la loro professionalità è nella costruzione di una nuova PA. Proprio quello che temono i sindacati pubblici “rappresentativi” collusi con politica e dirigenza. La Pubblica Amministrazione italiana, così come la conosciamo, è vicina alla scadenza semplicemente perchè è divenuta impopolare e spesso inutile agli occhi dei cittadini.Più volte abbiamo indivuduato nelle Banche e nello Stato i nodi della crisi italiana. E in particolare nell'attuale personale pubblico, sia funzionari che dirigenti, un elemento fondamentale del cambiamento. Solo chi è “dentro” infatti può, al contrario del resto dei cittadini che sono all'esterno, comprendere e indicare ai soggetti preposti dove va usato il bisturi, dove le manette e dove invece andrebbero sviluppate nuove competenze e immesse, tramite i processi di mobilità interna, nuove risorse umane. Il personale di ruolo è restio a mettersi in gioco, per timore di perdere benefici consolidati. A nostro parere potrebbero essere proprio i precari della PA il soggetto motore per perseguire soluzioni nuove e rivoluzionarie, all'interno delle Amministrazioni, proprio perchè è più incerto il proprio destino. Temiamo invece che seguire la linea illusionistica di CGIL-CISL-UIL (state con noi perchè prima o poi vi faremo assumere tutti) possa portare al disastro. Un po' come è accaduto al resto del personale pubblico che, dopo anni di sacrifici, di rinuncia (col meccanismo delle RSU farlocche e della rappresentatività truccata) alla vera democrazia partecipativa, di sostegno economico a sindacati in realtà comandati dai direttori del personale, di debolezza e involontaria complicità nel non affrontare i temi della produttività legata a una effettiva pubblica utilità, è stato mandato allo sbaraglio da quei stessi sindacati nei confronti dell'opinione pubblica (già avevano la nomea di fannulloni e raccomandati prima ancora dell'avvento di Brunetta) tanto che nessuno si scandalizza più, in Italia, se per tre milioni di lavoratori l'adeguamento economico è stato, è e sarà bloccato per anni.
In conclusione, poiché la realtà muta in maniera sempre più convulsa e la puzza di zolfo aumenta, sarebbe ora che i la maggioranza dei lavoratori privati e pubblici chiedesse a CGIL-CISL-UIL la restituzione dei propri cervelli e portafogli indebitamente a loro lasciati in custodia da trent'anni.
Ce la farà?