clicca sul logo

giovedì 14 novembre 2013

UNA PROPOSTA DEL SINDACATO DIRIGENTI DELL'AGL PER FAR FRONTE DA SUBITO ALLE NUOVE POVERTA': OGNI MESE, META' STIPENDIO DEL DIRIGENTE PUBBLICO MESSO A DISPOSIZIONE , VOLONTARIAMENTE, DEI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI RESIDENZA



E' notizia di oggi: per l'OCSE i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo, quasi il triplo della media.
Nel frattempo diviene sempre più insopportabile i fenomeno degli anziani che non riuscendo ad arrivare alla fine del mese sono costretti a rovistare tra i rifiuti dei mercati rionali e dei supermercati per mettere insieme un misero pasto.
Come già avvenuto da parte di molti calciatori che si sono ridotti lo stipendio per senso di responsabilità in questa tremenda crisi, riteniamo che anche i dirigenti pubblici italiani, non tutti responsabili di queste assurde distorsioni retributive, debbano schierarsi dalla parte del Bene e del Prossimo, dando per primi l'esempio. L'ADIR-AGL, nel continuare ad auspicare la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema pensionistico, certo di non immediata realizzazione, propone per intanto a tutti i dirigenti pubblici italiani, nell'emergenza, di destinare d'ora in poi, volontariamente, ogni mese, ai Servizi Sociali del proprio Comune di residenza, metà del proprio stipendio. Sapranno sicuramente questi Uffici destinare queste prime risorse a chi veramente ne ha più urgente ed immediato bisogno. E chiediamo che il Ministero della Funzione Pubblica renda noto l'elenco di quei dirigenti che vorranno partecipare a questa iniziativa. Quanto ne sarebbe importante il successo, per ridare credibilità alla dirigenza, alla pubblica amministrazione e alla possibilità del nostro Paese di riprendersi!
ADIR-AGL
*****************************************************************

“””””””””Ocse:dirigenti Pa Italia più pagati,quasi triplo media

solo per 28% cittadini fiducia in governo

14 novembre, 14:21
I senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell'area Ocse, con uno stipendio medio di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più dei secondi classificati (i neozelandesi con 397 mila dollari) e quasi il triplo della media Ocse (232 mila dollari). Lo rileva l'Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la retribuzione media è di 275 mila dollari.
(...)”””””””””
*****************************************************************

Se la pensione non basta la spesa si fa tra i rifiuti

Maria Sorbi - Mer, 13/11/2013 - 07:14
“””””””Arriva mentre il mercato sta per sbaraccare, attorno alle due del pomeriggio. Tanto la merce sui banchi non gli interessa, è troppo cara. Lui va in cerca degli scarti tra i cumuli di cassette di legno gettate negli angoli.
E lì trova sempre qualcosa: cespi di insalata ancora buona, resti di cavoli e carciofi, qualche finocchio malconcio ma, tutto sommato, mangiabile. Basta non fare troppo gli schizzinosi e la spesa è fatta.
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””

venerdì 17 maggio 2013

RIFINANZIAMENTO CASSA IN DEROGA E PROROGA PRECARI P.A.: PRIMA CHE ANCHE QUESTI SOLDI FINISCANO (E POI?), FACCIAMO IN FRETTA QUELLO CHE IL NOVELLO QUARTETTO CETRA SINDACALE NON VUOLE (PER COLTIVARE SOLO IL SUO ORTICELLO)

L'esplosione della rivolta sociale è solo rinviata. Il governo Letta/Alfano (non poteva essere altrimenti) dice di aver trovato finalmente i soldi per rifinanziare la Cassa Integrazione “in deroga” e per prorogare fino al 31 dicembre i contratti dei precari della PA. Sulla CIG in deroga, non noi ma i tifosi dell'inciucio (tra cui Angeletti) fanno finta di cadere dalle nuvole lamentandosi che questi soldi provengano per metà “dai lavoratori” dato che sono stornati dagli incentivi ai premi di produttività e dai fondi per la formazione professionale. Forse non tutti sanno che quando sindacati di questo tipo urlano di dolore in nome di presunti “lavoratori” in realtà usano gli stessi come scudi umani perchè quei soldi tipicamente vanno a foraggiare principalmente la burocrazia sindacale.E poiché quel tipo di sindacati vede ormai solo nel denaro la propria ragione di esistenza, osserviamo che, non volendo, il governo ha pescato bene le risorse e i destinatari del rifinanziamento potranno dire, in tema di redistribuzione del reddito, che quanto non si è mai riuscito a fare nella società italiana è riuscito nel più ristretto panorama sindacale. Direbbero i sociologi (nonostante il pianto di Angeletti) che si sono realizzati in quel laboratorio dei primi elementi di giustizia sociale. Quanto alla proroga di 6 mesi dei contratti dei precari della PA, nessuno per ovvi motivi (cercate pure se volete) se l'è sentita di sollevare critiche specifiche. Il cuore direbbe di trovare una soluzione di stabilizzazione definitiva ma il cervello (non crediate, anche quello degli stessi precari) ci dice che né la proroga né la stabilizzazione (e tanto meno la cacciata) , in questo contesto, possono essere soluzioni oneste a una questione che per motivi ideologici nessuna delle forze politiche in campo sembra essere in grado di affrontare di petto.
E' indubbio: siamo in recessione e questo può giustificare la difficoltà di uscire dall'impasse. Ma il confronto con ciò che sta accadendo nel resto del mondo sviluppato e anche all'interno dell'Unione Europea dovrebbe farci riflettere e dovrebbe convincere il novello Quartetto Cetra (Camusso-Bonanni-Angeletti-Centrella) a lasciar perdere il vecchio repertorio e a cercarsi nuovi autori.
USA, Giappone e Regno Unito stanno crescendo. Nell'Eurozona i Paesi a noi paragonabili (per dimensioni) , Francia e Germania, se la stanno cavando meglio di noi. L'Italia ha un dato preoccupante soprattutto relativamente alla disoccupazione. Proprio lì, sul Lavoro, la Germania ha saputo cambiare marcia. Cosa che noi ancora non ci mettiamo in testa di fare. I più grossi sindacati di casa nostra non sembrano essere in grado di aiutare i lavoratori a attraversare il guado. Hanno paura di perdere potere, influenza, soldi. Sta ai lavoratori svegliarsi e scegliersi altri compagni di viaggio, pena la fame e l'emigrazione forzata dall'Italia.Altro passaggio critico è quello delle tutele e del mantenimento dei diritti. In Italia abbiamo una specificità: solo una consistente minoranza di imprenditori crede anche in una propria funzione sociale. Le Associazioni datoriali più seguite purtroppo risentono e nella peggiore delle ipotesi assecondano un atteggiamento egoistico, speculativo e piratesco di una ristretta maggioranza del mondo imprenditoriale e professionale. E questo è un grande problema, perchè la ritrovata competitività in un ambito di civiltà del mondo del lavoro richiede una qualità media dei protagonisti che difetta nel mondo datoriale. Ecco perchè qualsiasi processo di riforma (contrariamente a quanto ritenuto dalla corrente di pensiero Treu-Biagi-Sacconi-Damiano-Fornero) non può non vedere il rafforzamento di un soggetto pubblico che accompagni le novità con una vigilanza potenziata, intelligente, comprensiva o dura a seconda delle variabili esigenze, a tutela del soggetto più debole. Oltre al potenziamento, finchè la Giustizia non sarà in condizione di riorganizzarsi, dell'arbitrato come strumento privilegiato nella risoluzione (a costo zero per i lavoratori) delle controversie di lavoro.Perchè non esistono scorciatoie nel cammino verso più elevati livelli di civiltà nel mondo del lavoro e perchè non è giusto che, a seconda della maggioranza al potere, chi dovrebbe essere imparziale (la vigilanza statale) indossi l'una o l'altra maglietta.E a garanzia dei lavoratori va garantita accessibilità e pari dignità a tutte le organizzazioni sindacali in qualunque posto di lavoro, accantonando una volta per tutte le tentazioni di monopolizzare la rappresentanza e la contrattualistica. Diritti e garanzie, poi, uguali per tutti i singoli lavoratori, qualsiasi sia il loro contratto e la dimensione delle aziende in cui lavorano. In altre parole, l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori va esteso a tutti e l'art. 19 va riformato, prevenendo indebite e interessate operazioni di manipolazione della rappresentanza sindacale da parte dei soliti noti. Venga messo in soffitta pertanto l'accordo scellerato (in odore di porcellum) tra triplice e confindustria del giugno 2011.
Ma dove occorre mettere le mani, una volta per tutte, una volta preparato il campo di gioco? I CCNL vanno mantenuti ma completati da contratti territoriali e aziendali che possano derogarli. Qualcuno ricorderà che oltre (naturalmente) a Sacconi solo noi, a livello nazionale abbiamo colto gli spunti interessanti del famoso articolo 8. Pur trattandosi da parte di Sacconi di una marchetta pro Fiat e pro Marchionne, l'errore di gran parte del mondo sindacale è stato però quallo di lasciare in mani inadeguate (e malintenzionate) la bandiera del nuovo e della flessibilità. Occorre superare tutte le precedenti riforme liberalizzando i contratti di lavoro anche andando oltre a quanto fatto in Germania.Giusto detassare completamente le nuove assunzioni. Giusto premiare la produttività con norme più organiche e generalizzate ma sacrosanto valorizzare i contratti di solidarietà o la partecipazione dei lavoratori all'azionariato d'impresa in coerenza con una seria valutazione delle effettive prospettive di mercato di una azienda. Lasciar fallire le aziende decotte e fuori mercato ma salvaguardare, con l'apporto responsabile dei lavoratori, quelle che possono essere rilanciate, specie in territori difficili (esempio la Sardegna) dove lo Stato potrebbe fare molto instaurando zone franche dal punto di vista fiscale. Due questioni vanno infine affrontate una volta per tutte, in maniera corretta. Il reddito di cittadinanza al posto degli attuali ammortizzatori sociali. Vanno superate le resistenze degli altri sindacati che si frappongono ogni qual volta una scelta diminuisca il loro ruolo. Ma va anche scongiurato (e questo accade da anni con la CIGO e la CIGS) il fenomeno della perdita di stimoli e motivazioni da parte dei lavoratori con la durata eccessiva dei trattamenti. E poi una volta per tutte va debellata la schiavitù nel mondo del lavoro: quella apertamente illegale (il caporalato, rimasto indifferente alla strombazzata stretta repressiva sterilmente e fumosamente dettata dalla CGIL) e quella legalizzata delle cooperative. Va tolta una volta per tutte la vigilanza ai vigilati (le Centrali cooperative che revisionano per conto dello Stato le loro stesse cooperative che pagano loro la quota associativa) e affidata completamente allo Stato, dando più poteri agli ispettori, almeno finchè non sarà fatta pulizia di tutti gli amministratori delinquenti. Va immediatamente sanata la posizione degli extracomunitari che lavorano, vanno chiusi i CIE e va offerta a questi esseri umani, anche per prevenire gravi fatti delinquenziali, una alternativa alla schiavitù e al degrado. La polemica sullo ius soli è sospetta in quanto è chiaro che è condotta non per fare il bene degli esseri umani ma perchè si spera o si teme che l'afflusso di nuovi elettori possa cambiare gli equilibri elettorali.
Quanto alla proroga dei contratti precari della PA, la stessa (è bene che si dica la verità a questa gente) è un semplice rinviare il problema. Vorremmo dire a quei lavoratori, per lo più giovani, di affrancarsi dalla pelosa solidarietà dei sindacati dei lavoratori pubblici che fingono di tutelarli. La possibilità per loro di conservare un posto di lavoro, valorizzare l'esperienza fatta e la loro professionalità è nella costruzione di una nuova PA. Proprio quello che temono i sindacati pubblici “rappresentativi” collusi con politica e dirigenza. La Pubblica Amministrazione italiana, così come la conosciamo, è vicina alla scadenza semplicemente perchè è divenuta impopolare e spesso inutile agli occhi dei cittadini.Più volte abbiamo indivuduato nelle Banche e nello Stato i nodi della crisi italiana. E in particolare nell'attuale personale pubblico, sia funzionari che dirigenti, un elemento fondamentale del cambiamento. Solo chi è “dentro” infatti può, al contrario del resto dei cittadini che sono all'esterno, comprendere e indicare ai soggetti preposti dove va usato il bisturi, dove le manette e dove invece andrebbero sviluppate nuove competenze e immesse, tramite i processi di mobilità interna, nuove risorse umane. Il personale di ruolo è restio a mettersi in gioco, per timore di perdere benefici consolidati. A nostro parere potrebbero essere proprio i precari della PA il soggetto motore per perseguire soluzioni nuove e rivoluzionarie, all'interno delle Amministrazioni, proprio perchè è più incerto il proprio destino. Temiamo invece che seguire la linea illusionistica di CGIL-CISL-UIL (state con noi perchè prima o poi vi faremo assumere tutti) possa portare al disastro. Un po' come è accaduto al resto del personale pubblico che, dopo anni di sacrifici, di rinuncia (col meccanismo delle RSU farlocche e della rappresentatività truccata) alla vera democrazia partecipativa, di sostegno economico a sindacati in realtà comandati dai direttori del personale, di debolezza e involontaria complicità nel non affrontare i temi della produttività legata a una effettiva pubblica utilità, è stato mandato allo sbaraglio da quei stessi sindacati nei confronti dell'opinione pubblica (già avevano la nomea di fannulloni e raccomandati prima ancora dell'avvento di Brunetta) tanto che nessuno si scandalizza più, in Italia, se per tre milioni di lavoratori l'adeguamento economico è stato, è e sarà bloccato per anni.
In conclusione, poiché la realtà muta in maniera sempre più convulsa e la puzza di zolfo aumenta, sarebbe ora che i la maggioranza dei lavoratori privati e pubblici chiedesse a CGIL-CISL-UIL la restituzione dei propri cervelli e portafogli indebitamente a loro lasciati in custodia da trent'anni.
Ce la farà?


martedì 16 aprile 2013

GIUGNO 2013: BASTA CASSA IN DEROGA, FALLISCANO AZIENDE DECOTTE, SI AL REDDITO DI CITTADINANZA PER TUTTI

Siamo radicalmente contrari alla iniziativa di oggi a Roma di CGIL-CISL-UIL. E' dal 2007 che lo Stato italiano per la Cassa in deroga ha speso senza costrutto circa 70 miliardi. Al contrario degli altri strumenti, come la CIGS, infatti, la CIG in deroga non è finanziata dalle aziende.Ora , secondo i calcoli delle istituzioni preposte, è previsto per il giugno prossimo l'esaurimento dei fondi per erogarla. Oggi pomeriggio il Ministro Fornero (a seguito dell'annuncio relativo al bisogno urgente di un altro miliardo per tappare la falla) incontrerà le parti sociali (solo quelle vallette del Governo) per cercare sostegno a iniziative di rifinanziamento. Il Ministro Fornero non dia retta ai piagnistei pelosi di CGIL-CISL-UIL, corresponsabili dello sfascio economico del Paese. E i lavoratori non si facciano ingannare da questi furbastri, ai quali è involontariamente sfuggito un paragone sintomatico: quello con i soldi che la Pubblica Amministrazione starebbe per rimborsare alle imprese che vantano crediti con essa.Una bufala quella, così come è un bidone, negli animi dei vertici sindacali , la CIG in deroga.L'unico vero interesse dei lavoratori e dei loro figli è far fallire presto le aziende ormai alla frutta, per lasciare il posto ad altre, italiane o straniere, più dinamiche e competitive. E combattere per utilizzare ogni futura risorsa per il reddito di cittadinanza (basterebbero, in questa fase di emergenza, 1000 euro al mese), abbassando le tasse sui cittadini e le imprese. E poi abolendo il prima possibile l'Irap, non aumentando l'Iva, ritardando la Tares.Risparmiando pesantemente e in maniera sanguinosa sui costi della politica e della Pubblica Amministrazione, amputandola di quei rami che non solo non funzionano ma non servono più a nulla, tagliando gli stipendi e le pensioni di chi guadagna troppo senza aver dato nessun aiuto al Paese ed essendosi arricchito con lo Stato. Come dicono (giustamente, solo su questo) i sindacati, i soldi si possono trovare: la Cassa Depositi e Prestiti, per esempio. Aggiungiamo noi: e con i risparmi di cui sopra.Certo, occorre la volontà politica, soprattutto da parte di chi si dice progressista. Sia per approvare nuove leggi ma, soprattutto, per far affondare un sistema economico produttivo fallito che sta portando il Paese nel baratro.

domenica 10 marzo 2013

ESODATI: QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO DI VIA FLAVIA

In altri interventi abbiamo sostenuto (e ci rincresce di farlo da soli ma forse è la prova che siamo estranei alla politica elettorale) che occorrerebbe (data la gravità del debito pubblico) cominciare a affrontare la questione esodati da un punto di vista diverso da quello meramente previdenziale (di fatto trasformatosi in assistenziale) , ragionando su soluzioni alternative e dinamiche, anche al di là delle sabbie mobili dei diritti acquisiti nonché delle umane aspettative di chi qualche tempo fa si era organizzato la vita in una maniera per vedersela sconvolta dall'intervento di una fino ad allora sconosciuta professoressa torinese.
Abbiamo dato per ormai acquisito che le elezioni non le ha vinte nessuno, neanche quello schieramento che con più forza aveva messo sul piatto la questione esodati pur non riconoscendo, in maniera autocritica, che se non avesse sostenuto la riforma Fornero coi suoi voti in Parlamento, la stessa non avrebbe rovinato la vita (chissà per quanto tempo) a quelle migliaia di italiani.
Il cerino quindi, suo malgrado, finchè non ci sarà un'altra compagine, è ritornato in mano all'inquilina di Via Flavia (in realtà Via Veneto) . E ormai, sugli esodati, è consumato e il fuoco sta cominciando a bruciare la mano. Il perchè è presto detto.Ricordate i 130.000 esodati riconosciuti dalla Fornero (una parte dei 390.000 stimati dall'INPS) in un certo senso fortunati in quanto solo per loro sembrava partito un meccanismo di salvaguardia?Due decreti già li hanno interessati (salva-italia e spending review) e un terzo sta per essere emanato come conseguenza della legge di stabilità. Ebbene nessuno dei 130.000 , per un motivo o per l'altro, ancora ha ricevuto l'assegno (cioè i soldi) . Solo una piccola parte ha ricevuto la comunicazione di avere il diritto (per ora dovranno accontentarsi di mangiare quella). Ma, come onestamente fatto da noi presente in precedenti interventi, ogni ministro ha l'alta dirigenza che si merita (anche quella per il momento è rimasta impermeabile agli sconvolgimenti elettorali: non si è superpremiati a caso...):entro il 20 febbraio le aziende dovevano comunicare al Ministero del Lavoro i nominativi dei lavoratori che sono stati incentivati all'esodo entro il 31.12.2012. Tutto saltato (se ne facciano una ragione le decine di migliaia di lavoratori coinvolti i quali, siamo sicuri, non ne saranno sorpresi) in quanto al ministero si sono dimenticati di fornire le istruzioni necessarie all'invio delle segnalazioni. Quando si dice essere all'altezza delle sfide e raggiungere gli obbiettivi.

RIFORMA DEL LAVORO POST ELEZIONI (ARTICOLO SCONSIGLIATO PER I SOGGETTI IMPRESSIONABILI)

Come noto, non è emerso un vero vincitore dalle elezioni italiane. Là dove, su specifici temi, tra uno schieramento e l'altro ,vi erano sensibili differenze, ciò dovrebbe essere di conforto per chi temeva, trattandosi di rimedi tutti peggiori del male, che un punto di vista avesse prevalso sull'altro. Un esempio è quello delle politiche del lavoro. Chi avreste buttato giù dalla torre tra i Ministri del Lavoro in pectore, ognuno di un diverso schieramento? Ossia tra Sacconi/Cazzola, Ichino/Fornero, Dell'Aringa/Damiano/Vendola, x/y (grillini)? Poiché siamo contro le soluzioni violente avremmo preferito buttarci noi, per non spargere sangue altrui. Ma il bello è ora che per arrivare a un compromesso è possibile che un dato schieramento, pur di non perdere il governo, sia disposto ad adottare le tesi lavoristiche dell'altro schieramento. Facile, se si pensa che si tratta di soluzioni inadeguate, irrealizzabili o fallimentari. Diciamo che anni di esperienza , anche recente, ci hanno sicuramente indicato cosa non fare. E' implicito che la verità sia in comportamenti differenti. Quali?Adesso non chiedeteci troppo. Anche perchè nelle politiche del lavoro si potrà fare qualcosa di valido a condizione che già si siano fatte altre cose, apparentemente distanti dall'ambito di competenza del Ministero di Via Flavia. Primo criterio: mandiamo in vacanza (una volta si parlava di anno sabbatico) tutti i giuslavoristi italiani (che non hanno scuse perchè o hanno fatto i ministri o ne erano i bracci destri). Facciamo a meno di loro in quanto i risultati raggiunti dalle riforme tentate dagli anni novanta ad oggi ci hanno dimostrato che questi scienziati ancora hanno tanto da studiare (soprattutto la realtà del mondo del lavoro) e in queste condizioni fanno solo danni. Se gli ingegneri si dimostrano incapaci forse sarà il momento di dare un po' di spazio ai geometri: non si sa mai che riescano ad indovinarci. Poi: evitiamo di creare nuovi equilibri, tra una forma e l'altra di lavoro, operando sulla dialettica più costi/meno costi, svantaggi/vantaggi. E' il mercato del lavoro (di solito più veloce di chiunque altro) a stabilire, a posteriori la validità dell'una o dell'altra soluzione. In genere quella che vince è la soluzione più semplice, meno burocratica e meno foriera di tasse variamente travestite. Ecco, questo crediamo potrà essere il vero merito storico della riforma Fornero: costituire in un certo senso la Bibbia di tutto quello che non va fatto sul lavoro, un gigantesco ed insuperabile esempio in negativo che in quanto tale è perfetto come un opera d'arte e sarà studiato dai posteri. Chiedere ai consulenti del lavoro per averne conferma. Altra cosa da non fare: attribuire valore al lavoro stabile e disvalore al lavoro non stabile. Abbiamo già detto più volte che vanno considerate con il massimo rispetto le esigenze di chi ha o ha avuto il posto fisso e si aspetta di mantenerlo fino ad una pensione che sia più dignitosa di adesso così come di coloro che sono in debito con la società (pensiamo ai precari della scuola) per aver fatto parte, loro malgrado, di una umanità sfortunata in cui sono stati illusi da un miraggio, quello appunto, del posto fisso. Queste fasce di popolazione non vanno punite ma accompagnate verso un miglioramento, graduale , della loro condizione. Sarà difficile (sappiamo quale peso abbia il debito pubblico) ma va fatto innanzitutto per un principio di dignità. Ma arriverà il momento (e su questo dobbiamo deciderci a voltare pagina) che nella società italiana non esistano più i termini “posto fisso” e “lavoro precario” così come oggi intesi. Quella è la direzione verso cui andare, certo, gradualmente. Un lavoratore quindi che abbia sempre una fonte di reddito anche nei periodi di passaggio, la possibilità di cambiare serenamente il lavoro più volte nella sua vita, di fare carriera, di formarsi, di migliorare. Sia nel pubblico che nel privato. E questo, in un prossimo futuro dovrà valere per tutti. Perchè l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul posto di lavoro. Parimenti non dovrà esistere più di fatto il concetto di precario sinonimo di ricattato, malpagato e sfruttato e senza prospettive di serena esistenza. Su questa, che è innanzitutto una battaglia culturale, constatiamo che nessuno è impegnato seriamente. Male, poiché significa che si stanno difendendo rendite di posizione o si sta sfruttando la disperazione delle fasce più marginali del mondo del lavoro. Di solito per guadagnarci sopra . E, soprattutto ora, per fini elettorali. Analoga apertura mentale è ora sia adottata sulla questione pensioni. Qui notiamo passi in avanti rispetto alle appena ricordate contraddizioni relative ai lavoratori attivi. Si è giustamente seguita l'indicazione di rapportare l'età pensionabile alla aspettativa di vita. Ancora non si è fatto nulla (anzi si è registrato un peggioramento) nel comprendere che l'attuale meccanismo non va più bene (e sarà sempre peggio) per poter assicurare un livello di vita sufficiente ad ogni singolo pensionato. Anche qui paghiamo l'eccessivo credito dato in questi decenni agli scienziati pazzi. Ma prima o poi la situazione esploderà e come accade occorrerà mettersi a correre per evitare di sprofondare nella voragine e per fare in pochi secondi quel che ci si è rifiutati di fare per anni. Non è questa la sede per trattare col giusto approfondimento temi così delicati ma , intuitivamente, chi volesse mettersi seriamente a studiare per sciogliere questo nodo non potrebbe prescindere dall'affrontare alcuni tabù che prima o poi verranno infranti. Il primo è quello dei cosiddetti diritti acquisiti. E' la giustificazione oggi più forte alle peggiori schifezze tuttora presenti nella giungla pensionistica. E, temiamo, sia una giustificazione strumentale, interessata e non più tollerabile. Così come avviene per esigenze di ordine pubblico, è bene si cominci a pensare a leggi eccezionali anche per abbattere privilegi pensionistici non più sopportabili per la gran massa della popolazione. Dobbiamo deciderci cioè se questo paese lo vogliamo salvare o no. Poi, collegato a quanto appena detto e alla vicenda esodati , forse è arrivato il momento di pensare di trovare dei rimedi per cui anche chi ha maturato il diritto alla pensione possa se lo vuole e non rimettendoci tornare nel mondo del lavoro regolare (e non solo di quello nero come oggi accade). Ripetiamo, possono apparire affermazioni scandalose e dissacratorie, ma sarà ciò di cui si parlerà quando si accorgeranno che non ci sono più soldi per venire incontro a tutti gli esodati. Non date retta a chi vende analisi interessatamente confuse: non esiste concorrenza tra vecchi e giovani, non esiste mancanza di lavoro indotta dalla crisi . La realtà vera è che la concorrenza c'è tra chi ha voglia di lavorare e mettersi in gioco e chi ha un atteggiamento passivo. E che la crisi di lavoro è la crisi di creazione di posti fissi. Chi conosce la realtà sa che è così e il rifiuto dei partiti e dei sindacati di accettare questa verità deriva dal fatto che questo meccanismo, se liberato, provocherebbe l'inutilità della macchina burocratica, dei posti assegnati in maniera clientelare, dell'assistenzialismo e del parassitismo (politico e sindacale). Altro tabù da abbattere sarà quello delle retribuzioni. L'art. 36 della costituzione è inadeguato e irrealistico. Così come l'apparato dei CCNL. Occorre, siamo in emergenza, che venga posto un tetto alle retribuzioni massime e vengano innalzate quelle minime ossia i salari e gli stipendi dei lavoratori e le pensioni degli anziani. E che venga assicurato un reddito minimo a chi momentaneamente non lavora. Dove si trovano i soldi? Basterà fare un gigantesco sondaggio in rete a costo zero perchè i riflettori si accendano su situazioni di privilegio e spreco di cui giornali e TV spesso non parlano. Basta volerlo. Da ultimo , un consiglio: non fidatevi di economisti e giuslavoristi falliti, personaggi tragicomici che o portano sfiga o fanno la figura patetica di meteorologi che non azzeccano mai il tempo che farà. Noterete che in questi giorni scrivono a iosa bocciando alcune proposte innovative che finalmente hanno avuto una consacrazione elettorale. I poverini non hanno capito che l'adozione del “ceteris paribus” nel calcolare gli effetti di ipotizzate novità è inadeguata all'esigenza di porre mano a situazioni nelle quali diversi fattori devono cambiare contemporaneamente. Questi signori non sono altro che i catastrofisti del giorno dopo, quelli chiamati a rimediare al fallimento dei menagrami e delle cassandre del giorno prima che non sono stati sufficientemente bravi nel mantenere la dote di consenso elettorale ai partiti che gli assicurano lo stipendio.

lunedì 28 gennaio 2013

L'AGL CHIEDE ALL'INPS DI SBLOCCARE LE ANTICIPAZIONI SULLA CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA

Dalla fine del 2012 l'INPS ha deciso di bloccare in tutta Italia le anticipazioni sulla Cassa Integrazione in deroga.E' un fatto gravissimo che rischia di mandare in rovina migliaia di famiglie. La giustificazione di questa decisione sarebbe un migliore monitoraggio sui flussi finanziari poichè all'INPS è venuto il dubbio che molte Regioni stiano erogando queste somme con poca selettività e un pò troppo facilmente. Incomprensibile la tardività di queste cautele, se si pensa che questi provvedimenti sono stati adottati all'inizio del 2012 nel rispetto di tutte le normative che richiedono dei preventivi accordi sindacali, a livello regionale e aziendale, il tutto conosciuto dall'INPS in tempo reale.E irritante è che l'INPS non abbia affrontato queste problematiche direttamente con i soggetti istituzionali preposti (le regioni) e a suo tempo e abbia deciso invece di pavoneggiare il proprio rigore di fronte a soggetti debolissimi : i lavoratori che hanno visto sospendere, non per propria responsabilità, la prestazione lavorativa.Ancora una volta una PA debole con i forti (altre PA potenti) e forte con i deboli (i lavoratori e le loro famiglie). Mettetevi nei panni di famiglie che hanno visto bloccati da ottobre questi pagamenti.E che non sanno quando tale situazione sarà recuperata.E' inutile chiedere incontri all'INPS: non c'è nulla da contrattare ma solo da rispettare, improrogabilmente, delle precise obbligazioni, ormai più che scadute. Chiediamo piuttosto a gran forza un intervento, in campagna elettorale, di tutti i partiti che ci facciano sapere se sono al corrente di quanto fatto e non fatto dall'INPS (e dagli enti accorpati) in questi ultimi tempi e cosa intendano fare , dopo le elezioni, di questi vertici, peraltro contestatissimi, nonostante l'ammirevole dedizione del personale di questi enti ai propri compiti di istituto. E che ovviamente, prima delle elezioni, ottengano il risultato di sbloccare i versamenti dovuti.