AGL: è giunta l'ora: il Governo 
tocchi le pensioni. Le pensioni erogate, sia quelle col sistema 
retributivo, che contributivo che misto, sono pagate dai contributi di 
chi oggi lavora.Ma rispetto al passato, quelli che lavorano oggi sono 
troppo pochi e non è giusto che giovani precari o lavoratori soggetti a 
frequenti interruzioni della contribuzione debbano pagare in maniera 
così onerosa la pensione a chi col vecchio sistema continuerà ad avere 
pensioni pari al 90 % di quanto prendeva con l'ultimo stipendio.Chi paga
 oggi andrà in pensione in età molto più avanzata e con un assegno che 
coprirà se va bene il 40-50% di quanto guadagnava fin quando lavorava.E'
 quindi ora di farla finita con questa colossale ingiustizia tra 
generazioni e di andare oltre l'attuale contributo di solidarietà. 
Occorre un ricalcolo contributivo per tutti rispettoso necessariamente 
di un principio di progressività.E ovviamente bisogna tagliare una volta
 per tutte i privilegi.E se il ricalcolo non fosse possibile farlo per 
il settore pubblico perchè lo Stato non pagava i contributi dei suoi 
dipendenti, meglio ancora: sarebbe l'occasione per una storica 
dimostrazione di attaccamento alla Patria da parte di chi per decenni 
l'ha servita. Invece dell'oro, stavolta si chiederebbe di restituire 
allo Stato una parte dell'assegno!
Pensate poi che bello sarebbe rifare una sanatoria globale degli immigrati come nel 2003, quale gigantesca iniezione di nuova contribuzione ciò provocherebbe.Ma la partita decisiva da giocare (è un vecchio cavallo di battaglia dell'AGL) è quella per lo smantellamento dei cosiddetti diritti acquisiti che sarebbe meglio ridenominare "ingiustizie consolidate". Siamo convinti che nella società c'è ormai una maggioranza favorevole a questo rivolgimento e, anche nella minoranza che ne gode, molti , per illuminazione o sensi di colpa, sarebbero favorevoli. Vediamo se tra i tanti candidati leader politici italiani qualcuno intende far propria questa battaglia decisiva.
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fonte: www.rainews.it
Pensate poi che bello sarebbe rifare una sanatoria globale degli immigrati come nel 2003, quale gigantesca iniezione di nuova contribuzione ciò provocherebbe.Ma la partita decisiva da giocare (è un vecchio cavallo di battaglia dell'AGL) è quella per lo smantellamento dei cosiddetti diritti acquisiti che sarebbe meglio ridenominare "ingiustizie consolidate". Siamo convinti che nella società c'è ormai una maggioranza favorevole a questo rivolgimento e, anche nella minoranza che ne gode, molti , per illuminazione o sensi di colpa, sarebbero favorevoli. Vediamo se tra i tanti candidati leader politici italiani qualcuno intende far propria questa battaglia decisiva.
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fonte: www.rainews.it
L'Ocse: "Bene le riforme, ma fare altri 
sforzi"
Pensioni, Boeri: "Per i nati negli anni '80 assegni più bassi del 25% e 
dopo i 70 anni"
Il presidente dell'inps presenta il rapporto Ocse "Pensions at a glance 
2015" - 
02 dicembre 2015
Chi oggi ha 35 anni prenderà nell'intera vita pensionistica in media un 
importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella della generazione
 precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni.
 La simulazione arriva dall'Inps sulla base di un campione di circa 
5.000 lavoratori nati nel 1980. Lo ha detto il presidente dell'Inps, 
Tito Boeri presentanto il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015".
Nati negli anni '80: assegni più bassi e in pensione più tardi
Quando si analizzano gli importi di pensione - ha spiegato Boeri nel 
corso della presentazione del Rapporto Ocse 'Pensions at a Glance 2015' -
 ''bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati 
percepiti''. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza 
delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono 
state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i 
lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell'età di 
vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di 
età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo 
(perchè percepito per meno anni), ma anche il tasso di sostituzione 
medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%. ''Si lavorerà 
più a lungo - ha detto Boeri - anche in rapporto alla speranza di vita. 
Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto 
degli anni di percezione'' e ci saranno, a fronte di una crescita del 
pil all'1% e di possibili interruzioni di carriera, ''problemi di 
adeguatezza'' dell'importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non 
si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il 
reddito minimo, ci saranno ''problemi per chi perderà il lavoro sotto i 
70 anni''. 
Il rapporto Ocse
L'Italia ha fatto importanti riforme del sistema previdenziale in 
direzione dell'aumento dell'età di uscita dal lavoro e della riduzione 
della spesa futura ma perché il sistema sia finanziariamente sostenibile
 sono necessari "ulteriori sforzi negli anni a venire". Il rapporto Ocse
 "Pensions at a glance 2015" dà atto al nostro Paese di aver intrapreso 
un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta. Il 
nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto 
al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell'8,4% medio nell'Ocse) e contributi 
previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%, 
percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali - emerge dal 
Rapporto - hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio, 
vicini all'80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni
 in media largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del
 2011 - spiega l'Ocse - sono state adottate importanti misure per 
ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l'aumento 
dell'età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne ma 
l'invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni 
sul finanziamento del sistema''. L'Ocse sottolinea che la sentenza della
 Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le 
pensioni superiori a tre volte il minimo e i rimborsi decisi dal Governo
 ''avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica''. Nel breve 
periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l'impatto della 
sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione 
dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di 
occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al 
46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto 
inferiore alla media Ocse (57%).    
Boeri: "Anziani meno colpiti dalla crisi"
"Gli anziani - secondo quanto ha spiegato il presidente Inps - sono 
stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre
 fasce di età. Oggi vivono in una situazione di povertà relativa il 9,3%
 degli over 65 contro il 12,6% medio della popolazione totale. Il 
rischio di povertà - sottolinea il Rapporto - si è trasferito dagli 
anziani ai giovani. il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni sono 
povere''.
Sindacati: "No a nuova stretta"
I sindacati ribadiscono il no a nuovi interventi di 'stretta' sul 
sistema previdenziale. ''La tenuta finanziaria del nostro sistema 
previdenziale - dice il segretario confederale Cgil Vera Lamonica - non è
 a rischio, di certo lo è l'entità delle prestazioni per ampie fasce 
della popolazione: basta riforme per fare cassa, si restituisca  equità e
 solidarietà al sistema. "L'Italia - avverte il segretario confederale 
Cisl Maurizio Petriccioli - è il Paese che più di ogni altro, fra quelli
 dell'area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi 
legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria 
del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità 
sociale". Il rapporto Ocse - afferma il segretario confederale Uil 
Domenico Proietti - "continua a perseverare nell'errore di quantificare 
la spese per le pensioni al 15,7%, non tenendo conto che questo dato 
somma la spesa previdenziale con quella assistenziale". -
 

